Milano è sapiente: il complesso di Brera. Una storia lunga nove secoli, vissuti da protagonista fra imprenditoria, arte natura e scienza
11 aprile 2018 / Milano
Quando gli Umiliati edificano qui il primo nucleo del futuro complesso di Brera, questa zona della città è un pezzo di campagna incastonato nelle mura della città. Il termine Brera infatti, come recita la voce della Treccani, “deriva dal latino medievale Braida (dal ted. Breite?), fondo adiacente alla città”.Data l’incredibile abbondanza d’acqua – poco distante scorreva il naviglio – impiantano la lavorazione del feltro, esportato e apprezzato in tutta Europa.
Per qualche secolo gli affari vanno a gonfie vele e gli ordini fioccano. Non altrettanto si può dire per l’Ordine il quale, nel pieno della Controriforma entra in collisione con il severo arcivescovo di Milano san Carlo Borromeo. Come se non bastasse un umiliato, Gerolamo Donato detto il Farina, tenta di assassinarlo con un colpo di archibugio, mancandolo. Subito si grida al miracolo – il Borromeo era già in odore di santità – e un attimo dopo si scatena la repressione culminata con la soppressione dell’ordine (febbraio 1571) e la condanna a morte del Farina e altri due prevosti suoi complici.
Archiviata la pratica, papa Gregorio XIII, su intercessione del Borromeo, assegna l’edificio alla neonata Compagnia di Gesù che qui rimane fino al 21 luglio 1773, data in cui viene brutalmente soppressa dal papa francescano Clemente XIV. Sarà poi riabilitata e ricostituita da Pio VII nel 1814 ma la sede milanese dell’ordine, nel frattempo, si era avviata a diventare quello straordinario polo culturale che noi tutti conosciamo.
È la spumeggiante imperatrice Maria Teresa d’Austria ad avviare il progetto di trasformazione del complesso gesuita in un polo di sapienza e conoscenza con tanto di Pinacoteca.
Napoleone però le rompe le uova nel paniere e una volta diventato imperatore dei francesi e re degli italiani, affida il restyling all’Appiani, pittore milanese che aveva avuto l’onore e l’onere di eseguire il suo primo ritratto “italiano”. Parola d’ordine: trasformare Brera in un Louvre in versionemignon, da riempire con le opere confiscate in tutto il regno Cisalpino. Quasi subito, però, imperatore e architetto si accorgono che lo spazio non basta. Soluzione? Occupare l’antica chiesa degli Umiliati, annessa al convento. L’altezza delle navate era tale da permettere la comoda creazione di un piano aggiuntivo. Dalla suddivisione viene ricavato un piano terra, dove sistemare le sculture del Museo delle Antichità Lombarde, ed un piano superiore con ben quattro sale comunicanti, per questo ancora oggi dette Napoleoniche, da destinare alla nuova Pinacoteca. È lo stesso Napoleone a inaugurare, tra squilli di tromba ed applausi della popolazione festante, le prime sale nel giorno del suo genetliaco, il 15 agosto 1809. Tra i centotrentanove dipinti presenti all’appello ci sono già il Matrimonio della Vergine di Raffaello, la Madonna del Bellini, i teleri del Carpaccio e il San Gerolamo di Tiziano. Dopo soli quattro anni le opere passano a ottocentonovantanove. Un numero che crescerà a dismisura grazie alla corsa dei mecenati.
Pochi sanno però che la grande statua in bronzo al centro del cortile di Brera, il ritratto di “Napoleone in veste di marte pacificatore” di Antonio Canova, è in realtà una copia dell’originale in marmo che l’artista aveva realizzato per l’imperatore. All’indomani dell’esilio di Napoleone a Sant’Elena, i Borboni la vendettero alla Corona d’Inghilterra la quale ne fece dono, ironia della sorte, al duca di Wellington, vincitore della battaglia di Waterloo, che pensò bene di collocarla nella sua magione londinese dove ancora oggi si può ammirare.
La versione bronzea, commissionata a Canova nel 1807 dal vicerè del regno d’Italia Eugenio di Beauharnais, venne collocata qui solo nel 1859, in occasione dell’arrivo a Milano di Napoleone III, nipote del grande imperatore.
Oggi, a distanza di 200 anni, Brera e l’antico sestiere di Porta Nuova vivono una seconda giovinezza sotto gli occhi di tutti.
Il palazzo di Brera ospita la Biblioteca Nazionale Braidense, l’Accademia di Belle Arti, l’Osservatorio Astronomico, l’Istituto Lombardo di Scienze e lettere, l’Orto Botanico e la celebre Pinacoteca. Qui negli ultimi anni è in corso un radicale intervento volto a rendere la pinacoteca più attraente per il grande pubblico, migliorare il percorso di visita e facilitare la lettura delle opere. Lo scorso novembre è stato inaugurato il Design & Bookshop, una piccola rivoluzione che prelude a molte altre, prima fra tutte l’apertura di un caffè che porterà il nome della prima donna direttrice di questo museo, prima in Italia a ricevere un simile incarico: Fernanda Wittgens.
E le sorprese non finiscono qui: perché a Brera il motto è “a occhi aperti”!
Pubblicato da Milano Città Nascosta
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